LA GALLOFOBIA
La Gallofobia e
Il Risorgimento
La maggior parte dei politici e intellettuali italiani del XIX secolo diffondono idee gallofobe, esprimendo una netta disapprovazione nei confronti della "violenza inutile" associata alla Rivoluzione francese, in particolare durante il Terrore. Allo stesso tempo, con l'arrivo delle truppe napoleoniche in Italia e il sostegno iniziale dei giacobini italiani che istituirono Repubbliche sorelle durante il Triennio rivoluzionario (1796-1799), i patrioti presero coscienza della loro sottomissione a una nuova dominazione su cui non avevano alcun controllo.
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Il trattato di Campoformio (18 ottobre 1797), che trasferiva la Veneto all'Austria, e la proclamazione del Regno d'Italia da parte di Napoleone nel 1805, furono interpretati come tradimenti significativi che portarono a un cambio di rotta per la maggior parte dei sostenitori della Francia. Questa avversione verso la Francia avrà un ruolo determinante nell'emerger e nell'evoluzione dell'idea nazionale italiana.


MAZZINI : L'EROE ITALIANO GALLOFOBICO
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Louis Blanc dichiara: "Giuseppe non ama la Francia e, in quanto italiano, la invidia. La guarda come una nazione vanitosa che, con la pretesa di salvare i popoli, li ha sempre persi."
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All'inizio della sua opera, Mazzini è filo-francese. Parla un francese perfetto, scrive in francese, legge le notizie francesi e aderisce alle idee dell'Illuminismo come quelle di Rousseau, Condorcet e Saint-Simon. Il suo pensiero politico è ispirato dalla Francia: eclettismo, repubblicanesimo, cattolicesimo liberale di Lamennais, saint-simonismo di sinistra, "socialismo democratico" di Leroux.
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Tuttavia, Mazzini mette in discussione il ruolo della Francia come centro dell'Europa e la critica per dare una chance agli altri paesi. La sua visione è quella di promuovere una letteratura europea e di privare la Francia del suo ruolo di pioniere ed élite. Scrive: "La storia particolare delle nazioni sta per concludersi; la storia europea sta per iniziare; e non è ammissibile che l'Italia resti isolata nel mezzo del movimento comune."
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Mazzini vive in Francia per alcuni anni, dove la sua esperienza è contrassegnata da momenti di amicizia con intellettuali francesi, scambi fruttuosi, ma anche da delusione e disprezzo per questi ultimi, criticandoli apertamente (Georges Sand, Hugo, Lamartine). Questa vita francese e l'osservazione della società da parte di Mazzini non hanno fatto che moltiplicare il suo sentimento anti-francese. È animato da una volontà di emancipazione: "Il passato ci uccide. La Rivoluzione francese, lo dico con convinzione, ci schiaccia. Pesa sul cuore del partito, come un incubo, e gli impedisce di battere."
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Mazzini non rinnega la sua ammirazione per la Rivoluzione, ma sostiene la necessità per l'Italia di distaccarsene, di non porre più la Francia al di sopra degli altri paesi. Con il ritorno della monarchia, le speranze repubblicane sono lontane. Mazzini lo dirà: la France s'est endormie. L'eroe italiano rifiuta l'idea di un debito intellettuale che l'Italia dovrebbe pagare per l'influenza della Rivoluzione sulle idee del Risorgimento. Propugna un'emancipazione italiana, che ha più spirito e senso critico rispetto ai francesi del suo tempo. Secondo lui: l'Italie devra être la nation guide de l'Europe, come ha potuto essere la Francia rivoluzionaria.
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Nel 1849, l'intervento dell'esercito francese a Roma per reprimere la Repubblica romana fondata da Mazzini è stato un punto di svolta significativo. La Francia, appena divenuta repubblicana, interviene contro una repubblica sorella nascente in Italia. Quest'azione sciocca Mazzini, che considerava la Francia come una nazione amica e innamorata degli ideali repubblicani. Da quel giorno, nutrirà un odio nei confronti di Napoleone III. Allo stesso tempo, Mazzini prende di mira anche il socialismo francese, affermando che: "le socialisme français a faussé et mis en danger, quand cela était possible, la grande pensée sociale européenne."
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Nel 1871, scrive un saggio dedicato agli eventi del 1789 che si rivela, alla fine, un discorso redatto per l'azione e la propaganda. Riprende la sua convinzione che la Rivoluzione non sia mai riuscita a superare la "dottrina dell'individuo" e a inaugurare una nuova era. Scrive abbastanza direttamente sulla Riforma Intellettuale e morale del 1872 di Ernest Renan, concludendo che la Francia non è decisamente una nazione moderna e orientata al futuro, ma vittima del suo passatismo.
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In generale, Mazzini deplora ciò che percepiva come un declino della Francia, che aveva promesso così tanto:
«Davanti all'agonia convulsiva di un popolo suicida [...] il nostro primo dovere è di separarci apertamente, esplicitamente dalle due parti e di fare in modo che in Italia non si perda il senso morale sfortunatamente perduto oggi in Francia.»
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Tra gallomania e gallofobia, Mazzini dimostra perfettamente che tra queste due nozioni c'è solo un passo. La sua ammirazione per la Francia e le sue aspettative da questo paese lo hanno spinto, per nazionalismo e orgoglio, a diventare un eminente gallofobo ai suoi tempi.