LA GALLOFOBIA
Il Fascismo e
la Gallofobia

La gallofobia è stata un fenomeno influente nell'Italia fascista, alimentando sia il successo dell'Italianità che il consolidamento del potere fascista. L'opera emblematica di Vittorio Alfieri, il "Misogallo", occupa un posto centrale in questa dinamica e diventa uno strumento di propaganda gallofoba. Nell'Enciclopedia Treccani del 1929, redatta da Manfredi Porena, la voce dedicata ad Alfieri sottolinea come l'odio per la tirannia, espresso nel "Misogallo", rinvigorisca l'amore di Alfieri per l'Italia. Quest'opera diventa il catalizzatore di una tesi secondo cui l'Italia può essere grande solo staccandosi dalla Francia, percepita come un nemico naturale.
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In un testo del 1939 intitolato "Italia mia", Giovanni Papini evidenzia una caratteristica dei grandi italiani: la capacità di riciclare e purificare le influenze straniere. Confronta il popolo italiano a un organismo robusto, capace di trarre beneficio persino dai "veleni" stranieri. Papini cita Alfieri come esempio, sottolineando come costui, dopo anni di lettura di una letteratura francese di mediocre qualità, diventi uno dei profeti più eminenti dell'Italia rinnovatrice. Durante il regime fascista, la lettura di Salluste, Dante e Machiavelli veniva considerata un "antidoto" alla cultura francese, riaffermando così la preminenza culturale italiana.
DAL DIFENSIVO ALL'OFFENSIVO
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La gallofobia del XIX secolo era principalmente di natura difensiva, reagendo all'egemonia culturale della Francia. Al contrario, nel XX secolo, essa assume una dimensione offensiva, mirando a soppiantare la Francia e a affermare la supremazia dell'Italia sulle altre nazioni e civiltà.
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La critica profascista proietta il proprio modello di gallofobia sugli autori del XIX secolo, attribuendo loro un'ideologia e un'intenzione che non gli appartengono.
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Benito Mussolini, leader fascista italiano, ha sfruttato la gallofobia per rafforzare il nazionalismo italiano e consolidare il suo potere. Influenzata dalle rivalità franco-italiane del Rinascimento e dalle tensioni della Prima Guerra Mondiale, la gallofobia sotto Mussolini si è manifestata attraverso diversi eventi chiave.
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Il Trattato di Versailles del 1919 ha suscitato malcontento in Italia, con Mussolini ritenendo che l'Italia fosse stata trattata ingiustamente dagli Alleati, in particolare dalla Francia.
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L'occupazione francese della Ruhr nel 1923 ha esacerbato le tensioni, Mussolini accusando la Francia di agire in modo imperialista. Le relazioni diplomatiche tese tra l'Italia fascista e la Francia democratica sono state sfruttate da Mussolini per consolidare il sostegno popolare, presentando la Francia come una potenza ostile.
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L'alleanza con la Germania nazista ha rafforzato la collaborazione tra i due regimi, condividendo un'ostilità comune nei confronti delle potenze occidentali, in particolare la Francia.
Mussolini ha manovrato abilmente utilizzando la gallofobia nel suo discorso politico, esprimendo paradossalmente talvolta elogi per raggiungere i suoi obiettivi. Il leader fascista aveva addirittura elaborato un piano per scatenare una guerra franco-italiana, utilizzando la propaganda di idee gallofobe come catalizzatore. Quest'idea ha preso una dimensione concreta il 10 giugno 1940 con l'attacco dei confini e la riconquista di Nizza e della Savoia, vero "colpo alle spalle" alla Francia.
