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Italianità
et Gallofobia

Per comprendere la Gallofobia nel XIX secolo, è necessario fare riferimento al termine "Italianità", un termine che emerge nel 1850. Esso rappresenta l'espressione di un nazionalismo in crescita e della volontà di imporre la cultura e la lingua italiana; sarà utilizzato in modo quasi sistematico nella letteratura nazionalista e fascista dei secoli XIX e XX. La definizione del termine ha tuttavia due componenti, una delle quali lo definisce in modo decisamente negativo, mettendo in luce ciò che gli italiani non vogliono essere piuttosto che ciò che sono.

L'italianità abbraccia un insieme di caratteristiche morali, comportamentali, nonché stereotipi e auto-stereotipi che definiscono gli italiani come popolo. Tuttavia, questi tratti sono spesso presentati in modo critico dagli stessi italiani, sottolineando vizi piuttosto che virtù, come la mollezza, l'indolenza, la trascuratezza e la corruzione, nonché l'individualismo fondamentale del loro popolo.

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Questa definizione dell'italianità non si concentra solo sugli attributi intrinseci, ma trova anche fondamento nel confronto con altre nazioni, in particolare la Francia. L'Italia cerca il suo valore nella critica degli altri e nel XIX secolo, questa critica si manifesta nel rifiuto della Rivoluzione francese e della presenza napoleonica, come illustrato dall'opera di Vittorio Alfieri, "le Misogallo," completato nel 1798.

Il concetto di italianizzazione attraverso la gallofobia si delinea, rimproverando all'Italia ciò che non è secondo gli standard francesi. Alfieri, inizialmente quasi francofono di nascita, finirà per respingere la Francia, illustrando l'evoluzione di questa antipatia gallofoba attraverso i suoi scritti, come dimostra il contrasto tra i suoi elogi alla presa della Bastiglia nel 1789 in "Parigi sbastigliato" e le sue invettive contro la Francia qualche anno dopo in "le Misogallo."

Nonostante questo amore per la cultura italiana e i grandi autori, Alfieri esprimerà, alla fine della sua vita, un disamore verso la propria popolazione dichiarando: "La condizione miserabile dell'Italia non è dovuta prima di tutto all'inazione e all'egoismo degli italiani?"

Altre figure di spicco del XIX secolo, come Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi, si inseriscono in questa dinamica gallofobica. Foscolo critica Napoleone, mentre Leopardi attacca la cultura e il pensiero francesi. Questi poeti, considerati "educatori nazionali" dell'italianità, presentano un discorso gallofobo che si configura come una dichiarazione d'intenti culturale e politica.

Nel XX secolo, anche se questi eminenti rappresentanti della letteratura italiana sono salutati come il fiore all'occhiello culturale del paese, le loro opere riflettono anche gli aspetti negativi dell'italianità. Incarnano così l'ambivalenza dell'italianità, oscillando tra l'autocritica e l'affermazione di un'identità nazionale distinta attraverso una propaganda gallofoba.

LA GALLOFOBIA

© 2024 di Corentin Perrier. Creato con Wix.com

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